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Uno strumento che si sofferma sulle capacità cognitive dei calciatori e che spiega alcuni atteggiamenti degli atleti in alcuni momenti del gioco.

C’è un video su su Youtube da 1,7 milioni di visualizzazioni dal titolo “A Masterclass in Beating The Press”, ovvero una lezione su come eludere il pressing avversario.

Una dei protagonisti più frequenti del video è Tiago Alcantara. Nel video viene rappresentata una delle caratteristiche più lodate del calciatore del Liverpool che è proprio quel talento, praticamente unico e consegnato a pochissimi giocatori d’élite, di prendere la decisione migliore (e spesso inaspettata) nel giro di pochissimi secondi, dando semplicemente un’occhiata di un millesimo di secondo a compagni e avversari  che gravitano intorno.

Questo talento più unico che raro che va ben oltre la capacità di un calciatore di avere un’ottima vista periferica, potrebbe aprire l’eterno dibattito su cosa è allenabile nel calcio e cosa invece è innato. Discussione che non troverebbe risposta proprio come lo sarebbe e lo è per dicotomie come quelle tra Messi e Ronaldo o LeBron James e Steve Curry.

La capacità di trovare la soluzione migliore in un arco temporale strettissimo, a volte inesistente contro avversari eccellenti nel pressing e nella marcatura, è però calcolabile e di per sé, materia per football analyst.

Qualche settimana fa è apparso su Sky Sport, infatti, uno strumento denominato scanning, capace di calcolare per ogni calciatore la sua capacità di raccogliere informazioni e successivamente di prendere la scelta giusta, assegnandoli addirittura un valore numerico che indica quante volte, ma soprattutto per quanto tempo, un giocatore distoglie lo sguardo dalla palla nei 10 secondi precedenti alla ricezione della sfera.

Uno strumento che in un certo senso renderebbe onore e darebbe un valore anche economico in fase di scouting e calciomercato, alle capacità cognitive di un calciatore.

Nel video completo di 11 minuti, appaiono quasi sempre centrocampisti, e la cosa non è casuale dato che è il ruolo all’interno di una partita più sollecitato a risposte e giocate sotto pressione, in quella che da molti cronisti viene definita “la zona nevralgica” del campo.

I dati estrapolati dalla ricerca del professor Geir Jordet della Norwegian School of Science Sport sullo studio dello scanning fanno emergere dinamiche interessanti.

Ad esempio, in media gli attaccanti fanno 0,28 scannerizzazioni, ovvero distolgono lo sguardo dal pallone per accumulare informazioni 2-3 volte nei 10 secondi prima di ricevere, mentre i centrocampisti arrivano ad un valore di 0,53, quindi di 5 volte di media.

Ovviamente il dato varia da calciatore a calciatore anche nello stesso ruolo, a volte con risultati controintuitivi. È un effetto che spiega quanto lo strapotere di Erling Haaland sia condizionato molto da questa capacità, e non solo dalle imbarazzanti doti fisiche, come potrebbe sembrare.

È sorprendente come nel gol di Haaland che ha consolidato la rimonta del Manchester City contro il Crystal Palace l’attaccante norvegese fosse proprio l’unico in area di rigore a non guardare il pallone poco prima del cross di Foden.

Questa è proprio una caratteristica, confermata dai dati, tipica di Haaland che lo avvicina ai centrocampisti per mindset e ne spiega in parte la capacità di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, ovvero la posizione migliore per ricevere il pallone e creare pericolosità.

In un altro video Youtube da 18K visualizzazioni sul canale Training Ground Guru è proprio il professor Geir Jordet, intervenuto al TGG’s Big Data, che spiega e racconta passo dopo passo, analizzando delle azioni di gioco, cos’è lo scanning e come i calciatori sfruttano questa operazione.

L’intervento risale addirittura a dicembre 2020, ma in Italia questa micro-disciplina incline al mondo dei big data, della scienza cognitiva degli atleti e quindi oro colato per i match analyst, è apparsa nel mondo mainstream dei media solo da quest’anno.

Come lo scanning entrerà nella quotidianità dei tifosi attraverso il racconto sportivo e l’analisi, o sempre più in quello degli addetti ai lavori, non è attualmente prevedibile.

L’applicazione che può trovare uno strumento come l’analisi dello scanning di un calciatore potrà essere utile ai procuratori dei calciatori in fase di contrattazione, ma potrà essere uno strumento utile anche per spiegare la complessità del gioco e di alcune scelte.

L’idea che il calcio stia andando verso una direzione robotica e votata alla fisicità di gioco e degli atleti viene in un certo senso sbugiardata dall’attenzione a strumenti come lo scanning, per un calcio che più che meramente atletico diventa sempre più complesso per gli addetti ai lavori, che però hanno sempre maggiori strumenti per decodificarne la complessità.

Foto copertina credit Sky Sport Tech.

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