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Intervista a Ivan Ortenzi | Presentatore del SFS 2023

Siamo arrivati alla sesta edizione del Social Football Summit, tu sei con noi dall’anno zero, quindi dal 2018, ci fai un bilancio di questi anni di evento in cui sono cambiate davvero molte cose nella Football Industry.

“Innanzitutto volevo cogliere l’occasione per fare un applauso a Gianfilippo Valentini, a Massimo Tucci e a tutto il team del Social Football Summit e di Social Media Soccer per aver dato vita ad un evento che oggi è considerato un appuntamento fisso di tutta la football industry. Un evento nato dalla passione e da una visione di innovazione delle dinamiche e dei contenuti di questa industria, Capace di attraversare e di essere presente anche durante la pandemia. Con una nota di orgoglio e di piacere dell’essere stato coinvolto sin dall’inizio e non aver mai dubitato del valore dell’iniziativa e dei suoi artefici. Cosi come il summit anche il calcio è passato attraverso una pandemia subendone come noi tutti gli impatti e le accelerazioni sui suoi elementi di business. Dal 2018 ad oggi la frase che spesso utilizziamo “un modo prima e un mondo dopo la pandemia” vale anche per la football industry. Il summit ha sempre cercato di interpretare il cambiamento, decodificare gli impatti e proporre visioni di innovazione. Quest’ultimo elemento è stato quello di cui mi sono occupato nel corso degli anni con l’aiuto del team e con la voglia di iniziare ogni anno da un foglio bianco. Il calcio oggi è molto diverso dal 2018. Si sono estesi i suoi confini, l’impatto della tecnologia è determinante, ha compreso di essere un competitor della famosa “economia dell’attenzione”, si confronta quotidianamente con temi di sostenibilità principalmente economica, ambientale e del ruolo sociale che ricopre sul territorio, nella società e nella politica.

Oggi usare la locuzione “football industry” (l’industria del calcio) non fa più storcere il naso a tradizionalisti o a nostalgici ma è una necessità economica, finanziaria e culturale”.

A proposito, quali sono stati i maggiori cambiamenti nel mondo del calcio in questa forbice di tempo?

“Uso tre immagini per sintetizzare quello che è successo recentemente. La prima è la famosa foto scattata durante una partita dei mondiali di calcio in Qatar che ritraeva i palloni collegati con un cavo USB ad una ciabatta per caricare il sensore posto al loro interno. Questa immagine secondo me sintetizza quanto la tecnologia oramai faccia parte non solo delle dinamiche della gestione dell’azienda calcistica, della gestione delle prestazioni di una squadra ma di tutte le dinamiche di campo. La seconda immagine è quella della gru di fronte alla chiesa di Ascoli Piceno circondata da tutti i palloni che erano rimasti sul tetto dell’edificio. E’ la sintesi di quanto il calcio abbia un valore intrinseco emozionale, esperienziale ed estetico legato alla nostra memoria alle diverse fasi della nostra vita. Un’immagine che per ciascuno di noi evoca storie e ricordi. L’ultima immagine la rubo alla sigla della serie tv Ted Lasso che immortala il nome del famoso allenatore con seggiolini rossi su seggiolini blu. E’ un’immagine puramente simbolica dietro la quale possiamo ritrovare una buona parte delle nuove dinamiche della football industry. L’estensione verso nuovi mercati, la capacità di sviluppare contenuti trans-mediali, il potere attrattivo di questo sport di brand tradizionali e nuovi, l’evoluzione del modo di raccontare il calcio con nuovi linguaggi, nuove tecnologie con un approccio orizzontale rispetto alle piattaforme avendo attenzione ai nuovi target e ai nuovi attori dell’ecosistema. Tre immagini che dovrebbero essere linee guida per una visione del calcio che non sia eccessivamente europocentrica.”

Ora proviamo a dare uno sguardo al futuro, a quel Mondo Football 2050. Ecco, anticipaci cosa dobbiamo aspettarci, e ovviamente, di cosa parleremo maggiormente al prossimo Summit di Roma.

“L’evoluzione principale che si sta delineando penso risieda nel fatto che il modello di business della football industry stia diventando sempre più una somma di differenti modelli di business. L’esigenza strategica e gestionale è quello di integrare sempre più questi verticali (es. le prestazioni sportive, la media house, il merchandising, la gestione degli asseti fisici e digitali, il territorio) ed estendere le opportunità di business interpretando le nuove generazioni e le nuove tecnologie. Tutto alla luce dell’analisi dei dati relativi agli investimenti nella sport industry non solo per quello che riguarda il calcio. I dati ci indicano che entriamo in una nuova fase di investimento che attirerà nuovi investitori e nuove forme di investimento. Una fase caratterizzata da una continua domanda di asset sportivi di qualità con una rimodulazione dei portafogli d’investimento nuovi sport, nuove geografie e nuove attività complementari. In questo scenario lo sport femminile, inoltre, continuerà a offrire un’opportunità allettante per nuovi e vecchi investitori.  Con l’aumento dei capitali che affluiscono nel settore sportivo il calcio è chiamato ad un’ulteriore evoluzione per non perdere questa opportunità. Le evoluzioni dei format, dei modelli di governance e del prodotto stesso sarà accompagnato dalla richiesta di modelli di investimento sostenibili che bilanciano la redditività finanziaria e operativa con la spesa e la ricerca delle performance.  Sono sicuro che i nuovi investimenti saranno lo stimolo trasformazione della Football Industry sino a mettere nello spettro dell’innovazione le voci di costo più sensibili i contratti, la struttura degli asset e le regole del mercato dei giocatori e delle giocatrici.”

Abbiamo parlato spesso di come abbracciare le nuove generazioni e di come il calcio può intercettarle e poi fidelizzarle. Sotto questo aspetto chi pensi abbia fatto meglio negli ultimi 2 anni? Se c’è effettivamente qualcuno che si è mossa davvero bene.

“Non voglio sbilanciarmi in questa risposta. Preferisco sottolineare come la football industry sia sempre più riconducibile ad un attore sistema dell’entertainment in cui si confronta con altri settori, altri contenuti e altri fornitori che si contendono posizioni competitive all’interno dell’economia dell’attenzione. In questa competizione il tempo dell’audience è il bene conteso. Alla luce di questa considerazione dobbiamo quindi analizzare i differenti target di fan che si differenziano per età, territorio, modello relazionale, passione e origine. Assistiamo alla crescita di strategie di marketing e di comunicazione che dovranno essere sempre più verticali, flessibili, personalizzate e capaci di distribuire esperienze e valore in modo composito. Il primo alleato di questa strategia è la tecnologia che permetterà di gestire dati, contenuti e canali in modo più integrato. Il prodotto calcio deve evolversi insieme ai differenti mercati di riferimento sperimentando nuove dinamiche di ingaggio su vecchi e nuovi target di appassionati. Il secondo alleato di questa strategia è il contenuto e le storie di calcio. Saper capitalizzare il passato, l’heritage, il territorio, il prima e il dopo dell’evento sportivo permetterà di integrare le linee di ricavo svincolandosi da un modello ancora troppo polarizzato sul diritto televisivo chiamiamolo tradizionale.”