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Are Football Infrastructures a Real Investment? Stadi e Centri Sportivi: La Svolta dal Costo all’Asset

Il panel “Are football infrstructures a real investment?” ha affrontato un interrogativo cruciale per il futuro del calcio italiano: gli investimenti in stadi e centri sportivi generano davvero valore? La risposta, emersa dal confronto tra esperti di Deloitte e rappresentanti di club virtuosi come Fiorentina, Cagliari e Udinese, è unanime: sì, ma solo se inseriti in un business model a 360 gradi. Sul palco, erano presenti: Alessandro Ferrari (Fiorentina), Stefano Melis (Cagliari), Luigi Capitanio (Deloitte), Franco Collavino (Udinese) e il panel è stato moderato da Carolina Zavanella di Gau Arena.

I centri di allenamento: l’investimento nel capitale umano

Il focus è partito dai training center, veri e veri incubatori di talenti. Ferrari ha illustrato il caso del Viola Park affermando che “Occorre una proprietà e un presidente incredibile. I costi del Viola Park sono lievitati da 60 milioni a 123. Mantenere l’impianto significa spendere 7-8 milioni all’anno, 7 giorni su 7.” Ha aggiunto che la struttura non è solo pensata per la squadra: “Il media center all’avanguardia è utile per ospitare eventi diversi e con finalità eterogenee.” Questa multifunzionalità dimostra come l’investimento, pur oneroso, possa generare valore costante nel tempo.

Rigenerazione urbana: il modello Cagliari e Udinese

L’Unipol Domus di Cagliari è stata definita un benchmark per gli stadi italiani. Melis ha sottolineato come un progetto inizialmente temporaneo sia diventato un volano di rigenerazione urbana per il quartiere Sant’Elia. “Puntiamo molto sulla sostenibilità trasversale e sull’innovazione. Lo stadio è un punto di riferimento per la comunità, una ricucitura urbana e un volano di rigenerazione.” La resilienza è stata un fattore chiave: Melis ha notato che senza una proprietà solida e continuativa, il progetto, affossato anche dalla pandemia e dai cambi politici, sarebbe stato abbandonato. Sono ormai sette anni che si gioca nello stadio temporaneo, con il percorso legislativo della “legge stadi” che ha affossato i progetti a causa anche del cambio di scena politica regionale e comunale.

Collavino ha messo in luce l’impatto promozionale del Bluenergy Stadium, scelto dalla UEFA per ospitare la Supercoppa Europea. “La UEFA ci ha scelto per la crescita che ha avuto il Bluenergy Stadium. Un evento sportivo così grande, con più di 20 milioni di telespettatori e 25 mila persone allo stadio, ha avuto ricadute promozionali ed economiche enormi sul territorio, con iniziative collaterali promosse dalla Regione Friuli.”

La regola d’Oro: dal costo al valore per la comunità

Capitanio di Deloitte ha riassunto le metriche che attraggono gli investitori: “Le metriche chiave devono essere distinte tra l’investitore come proprietario del club e chi invece ritiene che l’investimento vada oltre il valore investito: investimenti che non vanno da uno a tanti, ma da uno a tutta la popolazione che ruota attorno allo stadio. Uno dei driver fondamentali rimane comunque il lascito per la tifoseria.”

Sia nel caso di Cagliari (modello pubblico-privato) sia di Fiorentina (dove lo stadio “non è solo della squadra, ma della città intera”), la chiave è la comunità di intenti, basata non solo sui soldi, ma anche sul patrimonio culturale e sportivo che resterà per sempre. L’obiettivo per il futuro, come concluso da Collavino, non è solo importare modelli europei, ma esportare il modello italiano basato su: pensare in grande, con strutture multifunzionali che rispondano a richiesta di servizi fatti dal territorio e strutture operative 365 giorni all’anno. È necessaria una proprietà forte, decisa e con voglia e cuore, resilienza, costanza e concretezza, con la capacità di capire le richieste del territorio. Una cosa è certa: gli stadi e i centri sportivi moderni sono molto più che semplici arene per il calcio; sono motori di rigenerazione urbana e veri asset economici.