Articolo di Carlo Rombolà
Se all’alba del 2025 ancora qualcuno crede che lo sport, intenso nel senso più ampio possibile, si esaurisca nel gesto atletico o nell’esito degli incontri, beh, è ora che si ridesti da un torpore che rischia di fargli/le perdere di vista alcuni elementi determinanti: uno su tutti, la giustizia sportiva.
Dal caso Sinner nel tennis, al Caso Brescia in Serie B di calcio – per rimanere nella stretta attualità – l’appassionato di sport non può dormire sonni tranquilli sino a che i risultati acquisiti sul campo non lo diventino anche attraverso l’omologazione ufficiale.
Intendiamoci, lo sport di oggi è molto diverso da quello di soltanto pochi decenni fa, e il rispetto (anche) di quelle regole che disciplinano le condotte di chi lavora con e per gli atleti diventa fondamentale per assicurare la regolarità delle competizioni.
In questo momento, però, la notizia è che il sistema di giustizia sportiva – per lo meno a livello internazionale (ma un eventuale scossone andrebbe certamente a riverberarsi anche sulle corti nazionali) – è sotto attacco, da parte della Corte di giustizia dell’Unione Europea, la quale, per tramite dei suoi Avvocati Generali, ne inizia a contestare la legittimità.
La prima “spallata” all’arbitrato sportivo è giunta dall’Avvocata Generale Tamara Ćapeta, che lo scorso gennaio, nell’ambito della causa C-600/23 (Royal Football Seraing) presso la CJEU, ebbe a proporre, a conclusione di un articolato ragionamento giuridico, che i lodi arbitrali del Tribunale arbitrale dello sport di Losanna (la Corte di cassazione del diritto sportivo internazionale) “debbano poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale completo da parte dei giudici nazionali, al fine di garantire la compatibilità della regolamentazione FIFA con la normativa dell’Unione”.
La principale considerazione sottesa a tale affermazione è che gli operatori UE (atleti, club, federazioni) soggetti al sistema di risoluzione delle controversie della FIFA devono poter disporre di un accesso diretto e di un controllo giurisdizionale completo, da parte di un giudice nazionale, di tutte le norme di diritto dell’Unione, e ciò nonostante un lodo arbitrale definitivo del TAS.
Si parlava di calcio, dunque, ma il discorso vale per tutti gli sport. La settimana scorsa, l’Avvocato Generale Nicholas Emiliou si è espresso su tre cause sollevate innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea – la causa C-209/23 (RRC Sports), la causa C-428/23 (ROGON e a.) e la causa C-133/24 (Tondela e a.) – affermando che “il potere di autogoverno degli organi dell’ordinamento sportivo è sottoposto a limitazione in caso di ripercussioni significative su materie disciplinate dal diritto dell’Unione”.
Pur non occupandosi, questa volta, di giustizia sportiva (il thema decidendum riguardava i temi della concorrenza, del mercato interno e della protezione dei dati personali), l’Avvocato Generale ha focalizzato la propria attenzione su un elemento fondamentale per la stessa, ovverosia l’autonomia degli organi di nazionali e internazionali dell’ordinamento sportivo e la misura in cui le norme adottate da tali organi debbano rispettare la disciplina dell’Unione.
La questione della cosiddetta “eccezione sportiva”, infatti, ha per anni giustificato l’autonomia dello sport dal punto di vista regolamentare, sia tecnico che disciplinare: se alcun dubbio permane sulla correttezza giuridica rispetto al primo dei due settori, è quando lo sport intende autoregolarsi anche fuori dal campo che, a detta dell’Avvocato Generale, emergono i primi scrupoli sulla compatibilità di tale caratteristica con il diritto comunitario.
D’altro canto, però, sarebbe il caso di interrogarsi sul significato e la portata di tale autonomia, giustificata, in primis, da un sostanziale disinteresse degli Stati alla regolamentazione dello sport e, in secondo luogo, dall’alto grado di specializzazione che deve connotare gli operatori del diritto e della giustizia sportiva, retta da principi (fisiologici, come quello della celerità delle pronunce) estranei al diritto ordinario, figurarsi alla giustizia europea.
È importante precisare che le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia, e che le sentenze menzionate nel presente contributo devono ancora essere pubblicate. Tuttavia, non si può fare a meno di notare il sorgere di discussioni in merito a un tema che non è mai stato seriamente in discussione sino ad oggi, merita per lo meno una speciale attenzione verso ciò che potrà accadere nei mesi a seguire, dalla pubblicazione delle prime sentenze, alle eventuali contromosse, anticipatorie o successive, delle federazioni sportive internazionali.
La giustizia sportiva internazionale sotto attacco: i pareri della Corte di giustizia UE
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